L’immagine, che si trova di fronte alla precedente ed occupa un terzo del foglio, appartiene alla seconda fase di lavorazione del codice, frutto della mano di Gérard Horenbout. La cornice decorativa, con i fiori disseminati su fondo dorato con alcune farfalle, è abituale della scuola di Gent e Brugge. Tuttavia, dopo la sua esecuzione deve essere stato aggiunto, sopra uno dei grandi fiori, un’iscrizione in lettere dorate su fondo marrone rossastro, tramite la quale l’ambasciatore Francisco de Rojas offre il codice alla regina Isabella, con gli appellativi di
Diva e regina degli spagnoli e della Sicilia: “
Diue Elisabeth hispaniar [um] et Siscilie Regine ze xpianissi [m] e poten -tissi [m] e semp [er] augus-/te, supreme D[omi]ne/sue clementissime/Franciscus de Roias eiusde[m] ma-/iestatis hu[m]i-/limus seruus ac/creatura optime/de se merite H[ic]/marin [...] hi [...] ex/obsequio obtulit”. Questo aspetto, per quel che riguarda il titolo e il riferimento di governo, è falso, poiché la Spagna, come stato unificato e non come ente geografico non esiste fino al regno di Carlo V; allo stesso modo, il titolo di monarca di Sicilia lo portava il suo sposo Ferdinando II d’Aragona. Nella parte inferiore del dipinto si trova lo stemma radiante di Francisco de Rojas con il suo motto: su campo dorato, cinque stelle azzurre ad otto punte, bordo a scacchi azzurri e argentati. L’apparizione di questo stemma, aggiungo, come anche il precedente e il testo della dedica, in data posteriore alla conclusione del codice, fa capire che Francisco de Rojas ebbe in possesso il codice e che probabilmente ordinò la sua esecuzione. Dato che certi elementi indicano un committente ispano, Rojas, forse, avrebbe potuto avere l’intenzione di regalarlo alla regina Isabella.
Il dipinto mostra la Santissima Trinità che corona Santa Maria: il Padre e il Figlio condividono lo stesso trono, ambedue portano scettri e sostengono la corona: il Figlio, seduto alla destra di Dio Padre, secondo il salmo 109, 1, ha un aspetto giovanile, mentre il Padre porta una tiara pontificia e lineamenti più maturi; tra di essi, sopra il trono, lo Spirito Santo sotto forma di colomba; perciò, il tipo iconografico rappresentato è corrispondente a quello di “Padre e Figlio in trono con colomba in volo”, seguendo uno schema orizzontale. L’origine di questa iconografia si deve rintracciare in rappresentazioni apparse su rilievi o monete risalenti all’arte imperiale romana o bizantina, dove appaiono due o tre imperatori seduti, uno assieme all’altro, coronati dalla Vittoria; la Vergine, in ginocchio, con testa e occhi bassi, vista di tre quarti e con le mani giunte. La Vergine coronata dalla Santissima Trinità comincia ad apparire verso l’ultima metà del secolo XIV, come dimostra un disegno su pergamena attribuito ad André Beauneveu (c. 1335–c. 1401). All’interno dell’evoluzione di questo tema iconografico, L. Réau distingue ben cinque tipi, e quello del
Breviario d’Isabella la Cattolica appartiene al quinto, cioè, la Vergine coronata dalla Trinità, che apparì in Francia, Italia e nei regni ispanici all’inizio del secolo XV e che fu predominante in tutta l’arte europea fino al secolo XVII. Questa miniatura è praticamente identica a quella delle
Ore dei Rothschild (f. 134v.) di Gérard Horenbout, con precedenti ne
La coronazione della Vergine del 1496 di Michael Sittow (Parigi, Musée du Louvre, inv. RF 1966-II), e, in special modo, nella coronazione del posteriore
Libro d’ore di Giovanna I di Castiglia (Londra, The British Library, Add. Ms. 18851, f. 437), frutto della mano di Gérard Horenbout. Della prima opera, il breviario ha preso in prestito l’espressione della Vergine e le nuvole gonfie per tutto il perimetro dell’immagine; da parte sua, questo influirà sul
Libro d’ore di Giovanna I di Castiglia, non solo negli elementi già detti, ma anche per via degli emissari celesti che suonano strumenti, più vari nel breviario, poiché la loro unica funzione è musicale (gli angeli suonano la viola, il liuto, l’arpa ed il flauto); ciò nonostante, il trattamento della composizione nel
Libro d’Ore di Giovanna I di Castiglia, come opera posteriore di Gérard Horenbout, è più ambizioso e a maggiore scala, fattore che indica un’esecuzione posteriore, attorno al 1500.
L’importanza nella creazione letteraria di questo tema fu grande nella Chiesa orientale. Nella Chiesa latina si fa menzione per la prima volta a Maria come regina dei cieli nel secolo VIII, in un sermone di Ambrosio Autperto (morto il 784). Siccome questo autore fu abate in un monastero di Benevento, ebbe occasione di conoscere le idee orientali su questo argomento. Subito dopo, esegeti posteriori della Chiesa latina, come Paolo Diacono, Walafrido Strabone o Rabano Mauro svilupparono questa idea fino alla sua cristallizzazione da parte di San Bernardo o San Buonaventura.