Il medaglione del foglio 28v rappresenta un chierico dotto che si trova accanto al letto di un malato mentre esamina il contenuto di un vaso di urina. Si tratta di una delle illustrazioni più famose del XIX secolo, specialmente come parodia. Questa scena, incisa su un fondo dorato, è circondata da un cerchio concentrico che simbolizza uno dei quattro elementi, cioè l’aria (éter), l’acqua, il fuoco e la terra ed essi costituiscono la natura dell’uomo. Ogni elemento è dipinto in base alla sua natura: l’acqua (elemento marino) di color verde e con pesci che nuotano in essa; i colori che rappresentano i cieli vanno dal blu intenso al celeste e persino al bianco; il fuoco è simboleggiato da una striscia di colore arancione vivo mentre un’altra bianca, esterna, rappresenta il “quinto elemento” (la coquille) che, secondo alcuni enciclopedisti dei secoli XII e XIII seguaci di Aristotele, abbracciava tutti gli altri elementi.
Le immagini al margine del foglio 28v rappresentano le scimmie combattenti che cavalcano su un cervo e una capra. Una simile prossimità (tra scimmia, civetta e capra) riunisce tre animali “impuri”, il che evidentemente era l’intenzione dell’artista. L’immagine molto realistica delle scimmie (o meglio dei machachi senza coda), molto conosciute nel Medioevo dagli abitanti delle città europee, occupa un posto di rilievo tra le immagini dei margini, in particolare nelle scene di caccia e duello. La scimmia simboleggiava il vizio, a volte veniva addirittura associata al diavolo. Nei bestiari, nel folclore e nei sermoni della chiesa, si sottolineavano sempre le sue inclinazioni: era pazza, stupida e vanitosa. Tuttavia le sue smorfie, i suoi gesti e la sua capacità di imitare l’uomo catturavano l’attenzione: le persone facoltose erano solite cresce scimmie in casa a mo’ di svago. L’immagine delle scimmie si ritrova sui capitelli, sulle iniziali ornamentali e persino sui margini dei manoscritti dove veniva loro offerta la possibilità di parodiare le azioni degli umani.