Il giaggiolo paonazzo, o giglio fiorentino, cresce in Europa in zone pietrose o su vecchi muri, ed è presente allo stato selvatico. Resistente a freddo, caldo e siccità, è coltivato come pianta ornamentale, ma sembra essere di origine ibrida, giacché non fruttifica mai. Sebbene ormai sia caduto in disuso, in tempi antichi era considerato una pianta medicinale. Le foglie sono ricche di vitamina C e di flavonoidi. Il rizoma contiene tracce di olio essenziale, glucosidi e acido miristico, i cui derivati conferiscono alla pianta secca l’odore di violetta. Per tale ragione il giaggiolo è stato a lungo usato nell’arte della profumeria. Se mescolati con acetato di rame, i fiori e le foglie producono un pigmento verde che era molto richiesto nella pittura rinascimentale. Era una specie di notevole importanza medicinale nei tempi antichi, difatti Dioscoride le dedica il primo capitolo della sua opera, scrivendo che il miglior iris si trova in Illiria e in Macedonia. Mattioli aggiunge una nota piuttosto lunga su tale specie e, tra le altre cose, indica che la radice masticata “fa buon fiato”. Si usava anche come purgante ed era uno dei componenti dell’unguento detto “irino”.
Ramón Morales Valverde
Real Jardín Botánico de Madrid
(Estratto dal volume di commento del Dioscoride di Cibo e Mattioli)