Libro del Cavaliere Zifar

Bibliothèque nationale de France, Parigi




Segnatura: Ms. Espagnol 36.
Data: ultimo quarto del XV secolo.
Misure: ± 418 x 285 mm.
396 pagine, 242 miniature decorate con oro e argento.
Prima novella cavalleresca paragonabile e antecedente al
Chisciotte della Mancia di Miguel Cervantes, scritta in spagnolo.
Rilegatura in pelle marrone e costola in pelle rossa.
Astuccio in pelle.
Volume di commento (332 pag.) a cura di Rafael Ramos (Universidad de Gerona), Juan Manuel Cacho Blecua (Universidad de Zaragoza), José Manuel Lucía Megías (Universidad de Alcalá), Josefina Planas Badenas (Universidad de Lérida), Carmen Bernis (C.S.I.C.) e Francisco Rico (Real Academia Española).
«Quasi-originale», edizione prima, unica ed irripetibile, limitata a 987 esemplari autentificati con atto notarile.
ISBN: 978-84-88526-25-0


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Segnatura: Ms. Espagnol 36.
Data: ultimo quarto del XV secolo.
Misure: ± 418 x 285 mm.
396 pagine, 242 miniature decorate con oro e argento.
Prima novella cavalleresca paragonabile e antecedente al
Chisciotte della Mancia di Miguel Cervantes, scritta in spagnolo.
Rilegatura in pelle marrone e costola in pelle rossa.
Astuccio in pelle.
Volume di commento (332 pag.) a cura di Rafael Ramos (Universidad de Gerona), Juan Manuel Cacho Blecua (Universidad de Zaragoza), José Manuel Lucía Megías (Universidad de Alcalá), Josefina Planas Badenas (Universidad de Lérida), Carmen Bernis (C.S.I.C.) e Francisco Rico (Real Academia Española).
«Quasi-originale», edizione prima, unica ed irripetibile, limitata a 987 esemplari autentificati con atto notarile.
ISBN: 978-84-88526-25-0




Commentary volume

Volume di commento

Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi


Formato: 280 x 350 mm
Pagine: 332
Illustrazioni: 157
Lingua: Spagnolo
ISBN: 978-84-88526-24-3

SOMMARIO:

Del editor al lector

Nota Previa
Rafael Ramos (Universidad de Gerona)

Invitación a la lectura del Libro del Caballero Zifar
Rafael Ramos

Los problemas del Zifar
Juan Manuel Cacho Blecua (Universidad de Zaragoza)

Los testimonios del Zifar
José Manuel Lucía Megías (Universidad de Alcalá)

El manuscrito de París. Las miniaturas
Josefina Planas Badenas (Universidad de Lérida)

El manuscrito de París. Estudio arqueológico
Carmen Bernis (C.S.I.C.)

Epílogo. Entre el códice y el libro
Francisco Rico (Real Academia Española)


Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi


Descripcion

Descrizione

Libro del Cavaliere Zifar

Bibliothèque nationale de France, Parigi


Libro di RE ED IMPERATORI
Manuel Moleiro ha pubblicato il facsimile del Libro del cavaliere Zifar (BnF, Espagnol 36), il primo romanzo in prosa scritto in spagnolo. Avvicinarsi a quest’opera tramite la curatissima riproduzione che abbiamo ora a disposizione, e approfittare dei vari suggerimenti per la lettura racchiusi nel volume di commento allegato, può farci riflettere ampiamente su ciò che era, in realtà, leggere un’opera nel Medioevo, sul modo in cui un semplice romanzo di avventure potesse diventare un manuale educativo, o sul modo in cui certi manoscritti potessero diventare veri e propri tesori.

 

Il Libro del cavaliere Zifar racconta la storia di Zifar e della sua famiglia dal momento in cui, oppressi dalle loro disgrazie, abbandonano il regno di Tarta. Nel loro viaggio alla ricerca di un futuro migliore per lui e per i suoi cari, Dio lo metterà a dura prova svariate volte: dovrà dimostrare di essere il miglior generale quando, al comando dell’esercito di Galapia, dovrá scontrarsi con il Conte di Efeso, e non dovrà disperare quando, dopo la suddetta campagna militare, dovrà separarsi dai suoi figli, Garfín e Roboán, e dalla moglie Grima. I primi si perdono, e quest’ultima viene rapita da pirati. Zifar, comunque, accetterà le sue disgrazie con rassegnazione cristiana. Accompagnato da un ingegnoso villano, si dirigerà al regno di Mentón, in guerra contro i suoi invasori, ma dimostrerà tali doti di generale che sarà in grado di sconfiggere il nemico e diventare re. Allora riappariranno la moglie e i figli, dispersi da anni. Dio mise a prova la loro nobiltà, e loro la superarono con successo, dimostrando di essere buoni cristiani. Ciò nonostante, quanto tutto sembra finire, comincia una nuova parte del racconto. Il figlio minore, Roboán, non è contento di essere sempre l’eterno secondo, e chiede il permesso a suo padre di cercare, come lui stesso fece, nuove opportunità in altri luoghi del mondo. Zifar accetta, ma prima parla a lungo con i suoi figli, dandogli una guida completa su come devono comportarsi nel mondo: come devono trattare il prossimo e difendere la Chiesa, come devono impartire giustizia o vigilare l’amministrazione delle loro possedimenti... Dopo questo lungo intermezzo didattico, Roboán si lancia all’avventura, ed applicherà così bene gli insegnamenti di suo padre che diventerà imperatore di Tigrida. Solo allora accetterà di sposare la regina Seringa, che le aveva offerto un regno come quello del padre.

Sarebbe questo, in poche parole, il sunto del Libro del cavaliere Zifar. Ciò nonostante, alcuni episodi che non abbiamo citato sono tra i più affascinanti della letteratura medievale spagnola. La storia del conte Nasone, che si innamorò di una fata malefica che viveva nel fondo di un lago, o quella di Roboán e l’imperatrice Nobleza, che vissero un anno di amore in un paese meraviglioso, potrebbero essere buoni esempi.

Non è la stessa cosa leggere un libro all’inizio del XXI secolo che leggerlo nel XV secolo: la nostra lettura è silenziosa, mentre quella medievale si svolgeva ad alta voce; leggiamo individualmente, mentre nei secoli anteriori si leggeva quasi sempre in gruppo; e, soprattutto, il codice di Parigi aveva un fascino estetico particolare che una trascrizione moderna, per curata che sia, non può trasmettere: l’unità indissolubile nel testo, la calligrafia carata e le miniature ricchissime, gioiello della pittura gotica castigliana. Solo ora, con la edizione facsimile pubblicata da Manuel Moleiro, possiamo accedere a quel piacere fino ad oggi riservato solo a re ed a imperatori.

Il manoscritto di Parigi è composto da 192 fogli, con quattro pagine di riserva all’inizio e alla fine. È scritto su cartapecora (il primo foglio) e carta, striata ed uniforme, per tutta la durata del codice. I fogli misurano, circa, 400 x 260 mm. Vi sono due numerazioni: una antica, in numeri romani, sbagliata a partire del foglio 122 (cxxiij) e una moderna, a matita, in numeri arabi; ambedue si trovano sull’angolo superiore destro.

Il testo è scritto a due colonne, con uno spazio fra di esse che oscilla tra i 15 e i 25 mm. Lo spazio di scrittura anch’esso varia, e si trova tra i 195 x 290 e i 200 x 285 mm. La calligrafia è rotonda o semigotica, abituale per i testi in castigliano durante il XV secolo. Sembra essere stato scritto da due diversi amanuensi, uno fino al foglio 121 e l’altro a partire da questo. L’inchiostro per il testo ha conservato la sua tonalità scura. Si usa anche inchiostro rosso nelle epigrafi e all’inizio dei paragrafi, e viola solo per gli inizi dei paragrafi, alternato al rosso. Le maiuscole all’inizio di ogni capitolo sono gotiche, decorate con arabeschi e rappresentazioni floreali. Per il corpo della calligrafia viene usato il dorato su base d’inchiostro marrone; per la decorazione interna, l’azzurro ed il rosso bordeaux; per il contorno delle lettere, il nero.

Il codice possiede 243 stupende miniatura di fattura impeccabile e riccamente decorate, suddivise per tutto il testo, con misure che oscillano tra i 120 x 100 mm quando si tratta di una colonna, e i  150 x 180 mm se occupano la larghezza dello spazio di scrittura. Senza dubbio, questa è la caratteristica più saliente del manoscritto, poiché ne fa uno dei più belli del Medioevo spagnolo.

La rilegatura attuale è in pelle di vitello con sfumature in noce su tasselli di legno che misurano 418 x 280 mm. Il dorso, in cuoio rosso, appartiene a una rilegatura precedente. Misura 70 mm di larghezza, e in essa appare ripetutamente lo scudo di Napoleone I (una N con corona imperiale) con decorazioni dorate che rappresentano fiori di giglio. Sull’etichetta si legge «roman de cifar».

D’altro canto, la storia stessa del manoscritto non poteva essere più appassionante, né poteva dimostrare in modo migliore in quali circoli sociali sarebbe stato apprezzato un codice così bello. Non a caso, il Libro del cavaliere Zifar nasconde dietro alle sue avventure un perfetto manuale per l’educazione dei principi, e per questo non è poi strano ritrovarlo sempre nelle loro corti. Fu copiato espressamente per la biblioteca di Enrico IV di Castiglia, la qual cosa spiega il lusso estremo della copia. Alla sua morte, passò alla biblioteca di Isabella I, dove formava parte del tesoro personale della regina. Attorno all’anno 1511 è possibile che fosse appartenuto a Charles de Croy, conte di Chimay, del quale conservò l’araldica in una rilegatura di velluto. In ogni caso, nel 1526 si trovava già nella biblioteca di Margherita d’Austria, e poco dopo, nel 1565, in quella di Maria d’Ungheria, sorella dell’imperatore Carlo V. Da lì passò alla biblioteca dei Duchi di Borgogna, dove viene documentato nel 1577 e nel 1614, fino alla fine del XVIII secolo. Nel 1796 arriva a Parigi. Napoleone lo ammira e lo conserva nella Bibliothèque Impériale. In questa biblioteca, che sarebbe poi diventata la Bibliothèque Nationale de France a partire del 1871, dove è rimasto fino ai giorni nostri. La carta fu restaurata nel 1947 e la rilegatura, rimasta come l’abbiamo descritta, nel 1980. Sicuramente, un manoscritto di queste caratteristiche e con questa storia non poteva che essere riprodotto nel massimo dettaglio e con la massima cura.  Quando si è ideato il facsimile, non si voleva offrire un semplice supporto materiale sul quale stampare una fotografia più o meno dettagliata di ogni pagina, come fanno la maggior parte delle case editrici, bensì si intendeva riprodurre con la maggiore fedeltà possibile un codice che è stato tra le mani di di re e imperatori, un frammento unico di storia. Fare, dunque, un nuovo originale, identico. Ed è in questo punto dove la maestria di Manuel Moleiro rende la sua casa editrice la più preparata per questo lavoro; l’unica che poteva superare degnamente questa sfida. I suoi libro duplicano esattamente la cartapecora e la pergamena, il taglio e la trama del fogli originali, riproducono fedelmente i colori, i fondi e gli ori, le rilegature e le pagine vuote di protezione.

Il procedimento di elaborazione è necessariamente lento e scrupoloso: il codice viene tolto dalla sua rilegatura con enorme cura e viene fotografato su pellicola configurata appositamente da fabbricanti quali Kodak o Fuji. Allo stesso tempo, una squadra di restauratori ed esperti in codicologia e miniature medievali lavora per mesi alla preparazione del supporto materiale, per il quale vengono scelte le materie più nobili e vicine a quelle originali. La composizione viene verificata autonomamente in ogni pagina, curandone gli eventuali problemi, e poi vengono combinati vari metodi di stampa (offset, serigrafia, stampatura ed incisione) fino ad ottenere la maggiore somiglianza possibile. Se ci sono, vengono riprodotti anche i difetti del codice: buchi fatti dai tarli, macchie di cera, graffi, cuciture... per non parlare delle etichette di carta dove sono state messe le varie annotazioni di ogni biblioteca. Anche la rilegatura viene curata fino all’ultimo dettaglio, tramite un procedimento complesso quasi quanto quello per il libro. Quando è ritenuto necessario, ognuno di questi elementi riceve un procedimento di invecchiamento. Un lavoro laborioso, nel quale vengono combinati il rigore dello specialista in arte medievale, il lavoro artigianale e le tecnologie più avanzate. Il risultato finale, nel caso del Libro del cavaliere Zifar, è imponente: materialmente, è impossibile distinguere la copia dall’originale. Per questo a Manuel Moleiro piace dire che la parola “facsimile”, così tanto abusata nel contesto delle case editrici specializzate, non è sufficiente per descrivere i suoi libri: lui preferisce dire “quasi-originale”. Ciò nonostante, oltre all’unico ed irripetibile originale, difficile da consultare in una biblioteca lontana, appaiono ora 987 esemplari “quasi-originali”, in tirata unica ed irripetibile, numerati ed autentificati con atto notarile; 987 esemplari che faranno le gioie dei loro 987 possessori.

La sua maestria è ben dimostrata, per esempio, nella fantastica collezione di manoscritti miniati come l’opera di Beato di Liébana, che gli ha dato fama internazionale. Tra i lavori più recenti, ricordiamo il Codice di Girona (X secolo), il Codice di Santo Domingo de Silos (XI secolo) il Codice di San Pedro de Cardeña (XII secolo) ed il Codice di San Andrés de Arroyo (XIII secolo). Nel Medioevo era segno di distinzione, per monasteri o corti, possedere un esemplare miniato di quest’opera, ma vista l’accettazione che questi nuovi originali stanno ricevendo da parte dei bibliofili contemporanei, è indubbio che all’inizio del XXI secolo continueranno a stupirci le sue primitive e affascinanti miniature.

Il fatto che le principali biblioteche del mondo hanno lavorato con lui è la prova che il lavoro di Manuel Moleiro soddisfa le più alte aspettative di qualità. Per esempio, la Bibliothèque Nationale de France concesse i permessi necessari perchè venissero realizzate le riproduzioni del Libro del cavaliere Zifar, dell’Apocalissi fiamminga (ca. 1400) e del Salterio Glossato (eseguito in diversi anni tra il 1200 e il 1340). Lo stesso fecero la Biblioteca Estense Universitaria di Modena per il Libro d’Ore di Alberto di Brandemburgo (1534) e la Fundação Calouste Gulbenkian di Lisbona per la magnifica Apocalissi Gulbenkian (XIII secolo). La prestigiosa British Library di Londra autorizzò la riproduzione di alcuni dei suoi gioielli più pregiati, come il Libro d’Ore di Giovanna la Pazza (ca. 1500) e il curiosissimo Libro del Golf (ca. 1530), la Biblioteca Nazionale Russa, di San Pietroburgo, si offrì per progetti come il Libro del Tesoro di Brunetto Latini (XIV secolo) e il Libro d’Ore di Luigi d’Orleans (1490) o il Libro delle medicine semplici (XV secolo), che era appartenuto a Carlo V. Ma le sue investigazioni in biblioteche meno conosciuto sono anch’esse prova del suo amore per i libri: in questo modo sono apparsi il Liber testamentarum (XII Secolo) della Cattedrale di Oviedo o la straordinaria Bibbia di San Luigi (XIII secolo), della Santa Cattedrale Primata di Toledo, senza dubbio la più bella e la più ricca delle bibbie medievali. Tutti questi centri gli hanno aperto le porte e gli hanno permesso di lavorare sui suoi tesori meglio conservati, libri che non hanno prezzo. Il prestigio di queste biblioteche e l’ampiezza di vedute dell’editore, che si è dedicato a scenari così diversificati, sono la garanzia del suo rigore e della sua professionalità sul lavoro.

Il magnifico facsimile del Libro del cavaliere Zifar è accompagnato da un volume di commento sul medesimo. L’obiettivo di questo libro indipendente, di 332 pagine, è di fare da guida a coloro che vogliano andare in profondità nei segreti del testo acquistato. In questo caso, gli studi sono stati messi assieme a cura di Francisco Rico, della Real Academia Española, che ha selezionato la sua propria squadra di investigatori. Questi, comunque, non hanno solamente riassunto ciò che già si sapeva sul Libro del cavaliere Zifar ed esporlo in modo gradevole, ma hanno affrontato l’opera in qualità di investigatori della medesima. Oltre che una guida, è anche un libro fondamentale per capire l’opera, poiché buona parte del materiale raccolto in questi capitoli è inedito e totalmente nuovo per la comunità scientifica internazionale.

Il volume di studi si apre con un “Invito alla lettura del Libro del cavaliere Zifar” a cura di Rafael Ramos, nel quale viene revisionato a grandi linee la trama e viene messo in relazione con le diverse tradizioni letterarie dalle quali proviene: racconti agiografici, letteratura sapienzale d’origine classica e araba, leggende fantastiche e, soprattutto, racconti cavallereschi ispirati dai libri arturici. Il risultato finale, comunque, non è un libro cavalleresco come quello che poi si sarebbero imposti in Spagna nei secoli posteriori, bensì un completo manuale per l’educazione dei cavalieri della corte.

“I problemi dello Zifar”, di Juan Manuel Cacho Blecua è un buon sunto degli studi compiuti fino ad oggi. Vengono analizzati con cura problemi come quelli della data dell’opera (che si finge venga scritta verso il 1304 quando in realtà è della metà del XIV secolo) o il problema dell’autore (nonché la problematica attribuzione a Ferrán Martínez). Vengono revisionati anche le principali fonti e l’embricatura nel genere della narrativa cavalleresca o la relazione con altre opere castigliane dell’epoca.

Comunque, il capitolo di José Manuel Lucía Megías, “I testimoni dello Zifar”, è più concreto. In esso vengono presentate le tre testimonianze conservate di quest’opera medievale: il manoscritto 11307 della Biblioteca Nazionale di Madrid, il manoscritto Esp. 36 della Bibliothèque Nationale de France e l’edizione stampata a Sevilla nel 1512 (della quale si sono conservati solo due esemplari). Vengono analizzati con cura ognuno di essi (in special modo il codice di Parigi, che è quello pubblicato in facsimile), manifestando l’importanza di ogni testimonianza per quel che riguarda la trasmissione testuale.

A proposito del codice pubblicato, lo studio di Josefina Planas, “Il manoscritto di Parigi: le miniature” si dedica all’analisi, dal punto di vista di una esperta in storia dell’arte medievale, della sua caratteristica più saliente. Siccome si tratta di un manoscritto svolto espressamente per Enrico IV, la ricchezza delle miniature è sconvolgente, e pone questa testimonianza del Libro del cavaliere Zifar all’altezza dei migliori manoscritti spagnoli del Medioevo, perfettamente paragonabile alle grandi creazioni del XIII secolo (le opere dello scriptorium di Alfonso X il Saggio) o a quelle posteriori, durante il regno dei Rei Cattolici: i due momenti culminanti della miniatura castigliana. In questo eccellente capitolo viene manifestata la rarità di un codice così ricco in un panorama come quello della Castiglia dei primi tre quarti del XV secolo, così poco affezionata ai manoscritti miniati, ancor meno a quelli non religiosi. Inoltre, per quel che riguarda l’esecuzione, venne commissionata allo studio dei migliori artisti della corte, quello dei fratelli Juan e Pedro Carrión, che erano al corrente delle tecniche più rivoluzionarie appena arrivate dalle Fiandre. Al comando di una competente squadra di miniatori, ognuno di loro differenziato e identificato dalle caratteristiche formali del loro stile, svolsero le illustrazioni del libro, soffermandosi in special modo su alcuni passaggi sentimentali (la solitudine di Zifar, le avventure di Grima, gli amori di Roboán e Nobleza) o moralizzanti (alcuni dei piccoli racconti intercalati), analizzati in modo magistrale dal punto di vista della relazione tra testo e immagine.

Carmen Bernis, nel “Il manoscritto di Parigi: studio archeologico”, svolge un ripasso molto curioso degli oggetti reali presenti nelle miniature. Per esempio, i vestiti di uomini e donne, dove si riscontrano le diverse mode presenti in Castiglia durante la realizzazione del codice; il mondo militare, con armature, armi di difesa e di attacco, città assediate e macchine da guerra; l’interno delle case, con mobili e decorazioni... tutto appare ai nostri occhi con la magia di ciò che nel suo momento fu quotidiano, ma che oggi facciamo fatica a comprendere. Da questa analisi minuziosa possiamo estrarre notizie preziose del passato che nessun documento avrebbe potuto trasmetterci: le miniature riflettono la realtà della loro epoca con una precisione che nessun storico avrebbe mai potuto eguagliare.

Il libro si conclude con un interessante epilogo di Francisco Rico. Il suo studio “Tra il codice ed il libro” tratta alcuni dei problemi più salienti del Zifar nel contesto della letteratura medievale europea. In questo modo, le sue riflessioni sulla relazione del testo con le miniature illustrative, o sull’utilità esemplare e ricreativa dell’opera, vestono di una ricchezza ancora maggiore le pagine precedenti.

Il volume di commento, comunque, non si limita ad offrire il testo curatissimo di questi sei saggi, ma è accompagnato anche da una selezione delle miniature più interessanti e che più riguardano l’argomento trattato in ogni momento. Diventa, così, un piccolo gioiello indipendente. Non è solamente una collezione di saggi sullo manoscritto del Libro del cavaliere Zifar in qualità di semplice accessorio del facsimile, bensì un bel libro d’arte che potrà interessare a tutti coloro che lo sfoglieranno.

Per tutte queste ragioni, l’edizione di questo facsimile e il suo volume di commento allegato non può che non essere un’eccellente notizia sia per coloro che desiderano nobilitare la loro biblioteca con uno dei manoscritti più belli della Spagna medievale, sia per coloro che studiano la letteratura dell’epoca.

Manuel Moleiro, come abbiamo detto, non fa riproduzioni più o meno riuscite; produce nuovi originali, quasi impossibili da distinguere dalle fonti, utilizzate da re ed imperatori. Per questo, non è sorprendente constatare il successo ricevuto da alcune delle sue pubblicazioni precedenti, come il Beato di Ferdinando I (XI secolo), il Libro d’Ore di Maria di Navarra (XIV secolo), il Theatrum Sanitatis, il Martirologio di Usuardo e il Libro d’Ore di Carlo VIII (tutti e tre del XV secolo), pubblicazioni già esaurite. È per questo che alcune grandi biblioteche gli hanno incaricato edizioni facsimili dei loro libri più preziosi: gli studiosi potranno utilizzare queste riproduzioni dall’assoluta fedeltà mentre i testi originali vengono custoditi in perfette condizioni. È il caso del Thêriaka e Alexipharmaka di Nicandro di Colofone, un bel codice bizantino del X secolo conservato nella Bibliothèque Nationale de France. Per questo, perfino la Interpol ha chiesto aiuto alla casa editrice nel contesto di certe investigazioni su codici medievali.

Detto questo, non ci stupisce il fatto che i migliori bibliofili europei siano ormai clienti fissi di Manuel Moleiro (dal re di Svezia ai semplici docenti universitari), neppure il fatto che i suoi libri diventino regali abituali per grandi personalità (S.S. Giovanni Paolo II o S.A.R. la Duchessa di Palma, per esempio). È sempre consigliabile chiedere informazioni riguardo le pubblicazioni e sfogliare i cataloghi più recenti, sia tramite e-mail (mmoleiro@moleiro.net) che tramite il sito web (www.moleiro.com). È facilissimo conoscere la migliore casa editrice di facsimili del mondo.
Rafael Ramos è docente presso l’Università di Girona. Ha svolto numerosi studi sulla letteratura spagnola del Medioevo e del Secolo d’Oro, curando in special modo il campo dei racconti cavallereschi. Tra le sue pubblicazioni possiamo menzionare, fino ad oggi, “Amadís de Gaula” (Madrid, 1994), “Tirant lo Blanc”, “Lancelot du Lac” e il “Llibre de l’ordre de cavalleria” (Williamsburg, VA, 1995), Folclore e storiografia nel “El caballero del Cisne” (Madrid, 1996) e “Lectura y lectores de relatos de caballerías en la Castilla medieval (Madrid, 2003).



Libro del Cavaliere Zifar

Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi
Bibliothèque nationale de France, Parigi

Descrizione

Libro di RE ED IMPERATORI
Manuel Moleiro ha pubblicato il facsimile del Libro del cavaliere Zifar (BnF, Espagnol 36), il primo romanzo in prosa scritto in spagnolo. Avvicinarsi a quest’opera tramite la curatissima riproduzione che abbiamo ora a disposizione, e approfittare dei vari suggerimenti per la lettura racchiusi nel volume di commento allegato, può farci riflettere ampiamente su ciò che era, in realtà, leggere un’opera nel Medioevo, sul modo in cui un semplice romanzo di avventure potesse diventare un manuale educativo, o sul modo in cui certi manoscritti potessero diventare veri e propri tesori.

 

Il Libro del cavaliere Zifar racconta la storia di Zifar e della sua famiglia dal momento in cui, oppressi dalle loro disgrazie, abbandonano il regno di Tarta. Nel loro viaggio alla ricerca di un futuro migliore per lui e per i suoi cari, Dio lo metterà a dura prova svariate volte: dovrà dimostrare di essere il miglior generale quando, al comando dell’esercito di Galapia, dovrá scontrarsi con il Conte di Efeso, e non dovrà disperare quando, dopo la suddetta campagna militare, dovrà separarsi dai suoi figli, Garfín e Roboán, e dalla moglie Grima. I primi si perdono, e quest’ultima viene rapita da pirati. Zifar, comunque, accetterà le sue disgrazie con rassegnazione cristiana. Accompagnato da un ingegnoso villano, si dirigerà al regno di Mentón, in guerra contro i suoi invasori, ma dimostrerà tali doti di generale che sarà in grado di sconfiggere il nemico e diventare re. Allora riappariranno la moglie e i figli, dispersi da anni. Dio mise a prova la loro nobiltà, e loro la superarono con successo, dimostrando di essere buoni cristiani. Ciò nonostante, quanto tutto sembra finire, comincia una nuova parte del racconto. Il figlio minore, Roboán, non è contento di essere sempre l’eterno secondo, e chiede il permesso a suo padre di cercare, come lui stesso fece, nuove opportunità in altri luoghi del mondo. Zifar accetta, ma prima parla a lungo con i suoi figli, dandogli una guida completa su come devono comportarsi nel mondo: come devono trattare il prossimo e difendere la Chiesa, come devono impartire giustizia o vigilare l’amministrazione delle loro possedimenti... Dopo questo lungo intermezzo didattico, Roboán si lancia all’avventura, ed applicherà così bene gli insegnamenti di suo padre che diventerà imperatore di Tigrida. Solo allora accetterà di sposare la regina Seringa, che le aveva offerto un regno come quello del padre.

Sarebbe questo, in poche parole, il sunto del Libro del cavaliere Zifar. Ciò nonostante, alcuni episodi che non abbiamo citato sono tra i più affascinanti della letteratura medievale spagnola. La storia del conte Nasone, che si innamorò di una fata malefica che viveva nel fondo di un lago, o quella di Roboán e l’imperatrice Nobleza, che vissero un anno di amore in un paese meraviglioso, potrebbero essere buoni esempi.

Non è la stessa cosa leggere un libro all’inizio del XXI secolo che leggerlo nel XV secolo: la nostra lettura è silenziosa, mentre quella medievale si svolgeva ad alta voce; leggiamo individualmente, mentre nei secoli anteriori si leggeva quasi sempre in gruppo; e, soprattutto, il codice di Parigi aveva un fascino estetico particolare che una trascrizione moderna, per curata che sia, non può trasmettere: l’unità indissolubile nel testo, la calligrafia carata e le miniature ricchissime, gioiello della pittura gotica castigliana. Solo ora, con la edizione facsimile pubblicata da Manuel Moleiro, possiamo accedere a quel piacere fino ad oggi riservato solo a re ed a imperatori.

Il manoscritto di Parigi è composto da 192 fogli, con quattro pagine di riserva all’inizio e alla fine. È scritto su cartapecora (il primo foglio) e carta, striata ed uniforme, per tutta la durata del codice. I fogli misurano, circa, 400 x 260 mm. Vi sono due numerazioni: una antica, in numeri romani, sbagliata a partire del foglio 122 (cxxiij) e una moderna, a matita, in numeri arabi; ambedue si trovano sull’angolo superiore destro.

Il testo è scritto a due colonne, con uno spazio fra di esse che oscilla tra i 15 e i 25 mm. Lo spazio di scrittura anch’esso varia, e si trova tra i 195 x 290 e i 200 x 285 mm. La calligrafia è rotonda o semigotica, abituale per i testi in castigliano durante il XV secolo. Sembra essere stato scritto da due diversi amanuensi, uno fino al foglio 121 e l’altro a partire da questo. L’inchiostro per il testo ha conservato la sua tonalità scura. Si usa anche inchiostro rosso nelle epigrafi e all’inizio dei paragrafi, e viola solo per gli inizi dei paragrafi, alternato al rosso. Le maiuscole all’inizio di ogni capitolo sono gotiche, decorate con arabeschi e rappresentazioni floreali. Per il corpo della calligrafia viene usato il dorato su base d’inchiostro marrone; per la decorazione interna, l’azzurro ed il rosso bordeaux; per il contorno delle lettere, il nero.

Il codice possiede 243 stupende miniatura di fattura impeccabile e riccamente decorate, suddivise per tutto il testo, con misure che oscillano tra i 120 x 100 mm quando si tratta di una colonna, e i  150 x 180 mm se occupano la larghezza dello spazio di scrittura. Senza dubbio, questa è la caratteristica più saliente del manoscritto, poiché ne fa uno dei più belli del Medioevo spagnolo.

La rilegatura attuale è in pelle di vitello con sfumature in noce su tasselli di legno che misurano 418 x 280 mm. Il dorso, in cuoio rosso, appartiene a una rilegatura precedente. Misura 70 mm di larghezza, e in essa appare ripetutamente lo scudo di Napoleone I (una N con corona imperiale) con decorazioni dorate che rappresentano fiori di giglio. Sull’etichetta si legge «roman de cifar».

D’altro canto, la storia stessa del manoscritto non poteva essere più appassionante, né poteva dimostrare in modo migliore in quali circoli sociali sarebbe stato apprezzato un codice così bello. Non a caso, il Libro del cavaliere Zifar nasconde dietro alle sue avventure un perfetto manuale per l’educazione dei principi, e per questo non è poi strano ritrovarlo sempre nelle loro corti. Fu copiato espressamente per la biblioteca di Enrico IV di Castiglia, la qual cosa spiega il lusso estremo della copia. Alla sua morte, passò alla biblioteca di Isabella I, dove formava parte del tesoro personale della regina. Attorno all’anno 1511 è possibile che fosse appartenuto a Charles de Croy, conte di Chimay, del quale conservò l’araldica in una rilegatura di velluto. In ogni caso, nel 1526 si trovava già nella biblioteca di Margherita d’Austria, e poco dopo, nel 1565, in quella di Maria d’Ungheria, sorella dell’imperatore Carlo V. Da lì passò alla biblioteca dei Duchi di Borgogna, dove viene documentato nel 1577 e nel 1614, fino alla fine del XVIII secolo. Nel 1796 arriva a Parigi. Napoleone lo ammira e lo conserva nella Bibliothèque Impériale. In questa biblioteca, che sarebbe poi diventata la Bibliothèque Nationale de France a partire del 1871, dove è rimasto fino ai giorni nostri. La carta fu restaurata nel 1947 e la rilegatura, rimasta come l’abbiamo descritta, nel 1980. Sicuramente, un manoscritto di queste caratteristiche e con questa storia non poteva che essere riprodotto nel massimo dettaglio e con la massima cura.  Quando si è ideato il facsimile, non si voleva offrire un semplice supporto materiale sul quale stampare una fotografia più o meno dettagliata di ogni pagina, come fanno la maggior parte delle case editrici, bensì si intendeva riprodurre con la maggiore fedeltà possibile un codice che è stato tra le mani di di re e imperatori, un frammento unico di storia. Fare, dunque, un nuovo originale, identico. Ed è in questo punto dove la maestria di Manuel Moleiro rende la sua casa editrice la più preparata per questo lavoro; l’unica che poteva superare degnamente questa sfida. I suoi libro duplicano esattamente la cartapecora e la pergamena, il taglio e la trama del fogli originali, riproducono fedelmente i colori, i fondi e gli ori, le rilegature e le pagine vuote di protezione.

Il procedimento di elaborazione è necessariamente lento e scrupoloso: il codice viene tolto dalla sua rilegatura con enorme cura e viene fotografato su pellicola configurata appositamente da fabbricanti quali Kodak o Fuji. Allo stesso tempo, una squadra di restauratori ed esperti in codicologia e miniature medievali lavora per mesi alla preparazione del supporto materiale, per il quale vengono scelte le materie più nobili e vicine a quelle originali. La composizione viene verificata autonomamente in ogni pagina, curandone gli eventuali problemi, e poi vengono combinati vari metodi di stampa (offset, serigrafia, stampatura ed incisione) fino ad ottenere la maggiore somiglianza possibile. Se ci sono, vengono riprodotti anche i difetti del codice: buchi fatti dai tarli, macchie di cera, graffi, cuciture... per non parlare delle etichette di carta dove sono state messe le varie annotazioni di ogni biblioteca. Anche la rilegatura viene curata fino all’ultimo dettaglio, tramite un procedimento complesso quasi quanto quello per il libro. Quando è ritenuto necessario, ognuno di questi elementi riceve un procedimento di invecchiamento. Un lavoro laborioso, nel quale vengono combinati il rigore dello specialista in arte medievale, il lavoro artigianale e le tecnologie più avanzate. Il risultato finale, nel caso del Libro del cavaliere Zifar, è imponente: materialmente, è impossibile distinguere la copia dall’originale. Per questo a Manuel Moleiro piace dire che la parola “facsimile”, così tanto abusata nel contesto delle case editrici specializzate, non è sufficiente per descrivere i suoi libri: lui preferisce dire “quasi-originale”. Ciò nonostante, oltre all’unico ed irripetibile originale, difficile da consultare in una biblioteca lontana, appaiono ora 987 esemplari “quasi-originali”, in tirata unica ed irripetibile, numerati ed autentificati con atto notarile; 987 esemplari che faranno le gioie dei loro 987 possessori.

La sua maestria è ben dimostrata, per esempio, nella fantastica collezione di manoscritti miniati come l’opera di Beato di Liébana, che gli ha dato fama internazionale. Tra i lavori più recenti, ricordiamo il Codice di Girona (X secolo), il Codice di Santo Domingo de Silos (XI secolo) il Codice di San Pedro de Cardeña (XII secolo) ed il Codice di San Andrés de Arroyo (XIII secolo). Nel Medioevo era segno di distinzione, per monasteri o corti, possedere un esemplare miniato di quest’opera, ma vista l’accettazione che questi nuovi originali stanno ricevendo da parte dei bibliofili contemporanei, è indubbio che all’inizio del XXI secolo continueranno a stupirci le sue primitive e affascinanti miniature.

Il fatto che le principali biblioteche del mondo hanno lavorato con lui è la prova che il lavoro di Manuel Moleiro soddisfa le più alte aspettative di qualità. Per esempio, la Bibliothèque Nationale de France concesse i permessi necessari perchè venissero realizzate le riproduzioni del Libro del cavaliere Zifar, dell’Apocalissi fiamminga (ca. 1400) e del Salterio Glossato (eseguito in diversi anni tra il 1200 e il 1340). Lo stesso fecero la Biblioteca Estense Universitaria di Modena per il Libro d’Ore di Alberto di Brandemburgo (1534) e la Fundação Calouste Gulbenkian di Lisbona per la magnifica Apocalissi Gulbenkian (XIII secolo). La prestigiosa British Library di Londra autorizzò la riproduzione di alcuni dei suoi gioielli più pregiati, come il Libro d’Ore di Giovanna la Pazza (ca. 1500) e il curiosissimo Libro del Golf (ca. 1530), la Biblioteca Nazionale Russa, di San Pietroburgo, si offrì per progetti come il Libro del Tesoro di Brunetto Latini (XIV secolo) e il Libro d’Ore di Luigi d’Orleans (1490) o il Libro delle medicine semplici (XV secolo), che era appartenuto a Carlo V. Ma le sue investigazioni in biblioteche meno conosciuto sono anch’esse prova del suo amore per i libri: in questo modo sono apparsi il Liber testamentarum (XII Secolo) della Cattedrale di Oviedo o la straordinaria Bibbia di San Luigi (XIII secolo), della Santa Cattedrale Primata di Toledo, senza dubbio la più bella e la più ricca delle bibbie medievali. Tutti questi centri gli hanno aperto le porte e gli hanno permesso di lavorare sui suoi tesori meglio conservati, libri che non hanno prezzo. Il prestigio di queste biblioteche e l’ampiezza di vedute dell’editore, che si è dedicato a scenari così diversificati, sono la garanzia del suo rigore e della sua professionalità sul lavoro.

Il magnifico facsimile del Libro del cavaliere Zifar è accompagnato da un volume di commento sul medesimo. L’obiettivo di questo libro indipendente, di 332 pagine, è di fare da guida a coloro che vogliano andare in profondità nei segreti del testo acquistato. In questo caso, gli studi sono stati messi assieme a cura di Francisco Rico, della Real Academia Española, che ha selezionato la sua propria squadra di investigatori. Questi, comunque, non hanno solamente riassunto ciò che già si sapeva sul Libro del cavaliere Zifar ed esporlo in modo gradevole, ma hanno affrontato l’opera in qualità di investigatori della medesima. Oltre che una guida, è anche un libro fondamentale per capire l’opera, poiché buona parte del materiale raccolto in questi capitoli è inedito e totalmente nuovo per la comunità scientifica internazionale.

Il volume di studi si apre con un “Invito alla lettura del Libro del cavaliere Zifar” a cura di Rafael Ramos, nel quale viene revisionato a grandi linee la trama e viene messo in relazione con le diverse tradizioni letterarie dalle quali proviene: racconti agiografici, letteratura sapienzale d’origine classica e araba, leggende fantastiche e, soprattutto, racconti cavallereschi ispirati dai libri arturici. Il risultato finale, comunque, non è un libro cavalleresco come quello che poi si sarebbero imposti in Spagna nei secoli posteriori, bensì un completo manuale per l’educazione dei cavalieri della corte.

“I problemi dello Zifar”, di Juan Manuel Cacho Blecua è un buon sunto degli studi compiuti fino ad oggi. Vengono analizzati con cura problemi come quelli della data dell’opera (che si finge venga scritta verso il 1304 quando in realtà è della metà del XIV secolo) o il problema dell’autore (nonché la problematica attribuzione a Ferrán Martínez). Vengono revisionati anche le principali fonti e l’embricatura nel genere della narrativa cavalleresca o la relazione con altre opere castigliane dell’epoca.

Comunque, il capitolo di José Manuel Lucía Megías, “I testimoni dello Zifar”, è più concreto. In esso vengono presentate le tre testimonianze conservate di quest’opera medievale: il manoscritto 11307 della Biblioteca Nazionale di Madrid, il manoscritto Esp. 36 della Bibliothèque Nationale de France e l’edizione stampata a Sevilla nel 1512 (della quale si sono conservati solo due esemplari). Vengono analizzati con cura ognuno di essi (in special modo il codice di Parigi, che è quello pubblicato in facsimile), manifestando l’importanza di ogni testimonianza per quel che riguarda la trasmissione testuale.

A proposito del codice pubblicato, lo studio di Josefina Planas, “Il manoscritto di Parigi: le miniature” si dedica all’analisi, dal punto di vista di una esperta in storia dell’arte medievale, della sua caratteristica più saliente. Siccome si tratta di un manoscritto svolto espressamente per Enrico IV, la ricchezza delle miniature è sconvolgente, e pone questa testimonianza del Libro del cavaliere Zifar all’altezza dei migliori manoscritti spagnoli del Medioevo, perfettamente paragonabile alle grandi creazioni del XIII secolo (le opere dello scriptorium di Alfonso X il Saggio) o a quelle posteriori, durante il regno dei Rei Cattolici: i due momenti culminanti della miniatura castigliana. In questo eccellente capitolo viene manifestata la rarità di un codice così ricco in un panorama come quello della Castiglia dei primi tre quarti del XV secolo, così poco affezionata ai manoscritti miniati, ancor meno a quelli non religiosi. Inoltre, per quel che riguarda l’esecuzione, venne commissionata allo studio dei migliori artisti della corte, quello dei fratelli Juan e Pedro Carrión, che erano al corrente delle tecniche più rivoluzionarie appena arrivate dalle Fiandre. Al comando di una competente squadra di miniatori, ognuno di loro differenziato e identificato dalle caratteristiche formali del loro stile, svolsero le illustrazioni del libro, soffermandosi in special modo su alcuni passaggi sentimentali (la solitudine di Zifar, le avventure di Grima, gli amori di Roboán e Nobleza) o moralizzanti (alcuni dei piccoli racconti intercalati), analizzati in modo magistrale dal punto di vista della relazione tra testo e immagine.

Carmen Bernis, nel “Il manoscritto di Parigi: studio archeologico”, svolge un ripasso molto curioso degli oggetti reali presenti nelle miniature. Per esempio, i vestiti di uomini e donne, dove si riscontrano le diverse mode presenti in Castiglia durante la realizzazione del codice; il mondo militare, con armature, armi di difesa e di attacco, città assediate e macchine da guerra; l’interno delle case, con mobili e decorazioni... tutto appare ai nostri occhi con la magia di ciò che nel suo momento fu quotidiano, ma che oggi facciamo fatica a comprendere. Da questa analisi minuziosa possiamo estrarre notizie preziose del passato che nessun documento avrebbe potuto trasmetterci: le miniature riflettono la realtà della loro epoca con una precisione che nessun storico avrebbe mai potuto eguagliare.

Il libro si conclude con un interessante epilogo di Francisco Rico. Il suo studio “Tra il codice ed il libro” tratta alcuni dei problemi più salienti del Zifar nel contesto della letteratura medievale europea. In questo modo, le sue riflessioni sulla relazione del testo con le miniature illustrative, o sull’utilità esemplare e ricreativa dell’opera, vestono di una ricchezza ancora maggiore le pagine precedenti.

Il volume di commento, comunque, non si limita ad offrire il testo curatissimo di questi sei saggi, ma è accompagnato anche da una selezione delle miniature più interessanti e che più riguardano l’argomento trattato in ogni momento. Diventa, così, un piccolo gioiello indipendente. Non è solamente una collezione di saggi sullo manoscritto del Libro del cavaliere Zifar in qualità di semplice accessorio del facsimile, bensì un bel libro d’arte che potrà interessare a tutti coloro che lo sfoglieranno.

Per tutte queste ragioni, l’edizione di questo facsimile e il suo volume di commento allegato non può che non essere un’eccellente notizia sia per coloro che desiderano nobilitare la loro biblioteca con uno dei manoscritti più belli della Spagna medievale, sia per coloro che studiano la letteratura dell’epoca.

Manuel Moleiro, come abbiamo detto, non fa riproduzioni più o meno riuscite; produce nuovi originali, quasi impossibili da distinguere dalle fonti, utilizzate da re ed imperatori. Per questo, non è sorprendente constatare il successo ricevuto da alcune delle sue pubblicazioni precedenti, come il Beato di Ferdinando I (XI secolo), il Libro d’Ore di Maria di Navarra (XIV secolo), il Theatrum Sanitatis, il Martirologio di Usuardo e il Libro d’Ore di Carlo VIII (tutti e tre del XV secolo), pubblicazioni già esaurite. È per questo che alcune grandi biblioteche gli hanno incaricato edizioni facsimili dei loro libri più preziosi: gli studiosi potranno utilizzare queste riproduzioni dall’assoluta fedeltà mentre i testi originali vengono custoditi in perfette condizioni. È il caso del Thêriaka e Alexipharmaka di Nicandro di Colofone, un bel codice bizantino del X secolo conservato nella Bibliothèque Nationale de France. Per questo, perfino la Interpol ha chiesto aiuto alla casa editrice nel contesto di certe investigazioni su codici medievali.

Detto questo, non ci stupisce il fatto che i migliori bibliofili europei siano ormai clienti fissi di Manuel Moleiro (dal re di Svezia ai semplici docenti universitari), neppure il fatto che i suoi libri diventino regali abituali per grandi personalità (S.S. Giovanni Paolo II o S.A.R. la Duchessa di Palma, per esempio). È sempre consigliabile chiedere informazioni riguardo le pubblicazioni e sfogliare i cataloghi più recenti, sia tramite e-mail (mmoleiro@moleiro.net) che tramite il sito web (www.moleiro.com). È facilissimo conoscere la migliore casa editrice di facsimili del mondo.
Rafael Ramos è docente presso l’Università di Girona. Ha svolto numerosi studi sulla letteratura spagnola del Medioevo e del Secolo d’Oro, curando in special modo il campo dei racconti cavallereschi. Tra le sue pubblicazioni possiamo menzionare, fino ad oggi, “Amadís de Gaula” (Madrid, 1994), “Tirant lo Blanc”, “Lancelot du Lac” e il “Llibre de l’ordre de cavalleria” (Williamsburg, VA, 1995), Folclore e storiografia nel “El caballero del Cisne” (Madrid, 1996) e “Lectura y lectores de relatos de caballerías en la Castilla medieval (Madrid, 2003).

volume di commento

Libro del Cavaliere Zifar Bibliothèque nationale de France, Parigi

Formato: 280 x 350 mm
Pagine: 332
Illustrazioni: 157
Lingua: Spagnolo
ISBN: 978-84-88526-24-3

SOMMARIO:

Del editor al lector

Nota Previa
Rafael Ramos (Universidad de Gerona)

Invitación a la lectura del Libro del Caballero Zifar
Rafael Ramos

Los problemas del Zifar
Juan Manuel Cacho Blecua (Universidad de Zaragoza)

Los testimonios del Zifar
José Manuel Lucía Megías (Universidad de Alcalá)

El manuscrito de París. Las miniaturas
Josefina Planas Badenas (Universidad de Lérida)

El manuscrito de París. Estudio arqueológico
Carmen Bernis (C.S.I.C.)

Epílogo. Entre el códice y el libro
Francisco Rico (Real Academia Española)

Miniature

Caratteristiche

Segnatura: Ms. Espagnol 36.
Data: ultimo quarto del XV secolo.
Misure: ± 418 x 285 mm.
396 pagine, 242 miniature decorate con oro e argento.
Prima novella cavalleresca paragonabile e antecedente al
Chisciotte della Mancia di Miguel Cervantes, scritta in spagnolo.
Rilegatura in pelle marrone e costola in pelle rossa.
Astuccio in pelle.
Volume di commento (332 pag.) a cura di Rafael Ramos (Universidad de Gerona), Juan Manuel Cacho Blecua (Universidad de Zaragoza), José Manuel Lucía Megías (Universidad de Alcalá), Josefina Planas Badenas (Universidad de Lérida), Carmen Bernis (C.S.I.C.) e Francisco Rico (Real Academia Española).
«Quasi-originale», edizione prima, unica ed irripetibile, limitata a 987 esemplari autentificati con atto notarile.
ISBN: 978-84-88526-25-0

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